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RENDE POSSIBILE OLTRE I CONFINI LA SOLIDARIETA' TRA GENERAZIONI |
Una domanda che, dati demografici alla mano, gli Europei (e gli
Italiani in particolare) iniziano a porsi è: "chi pagherà
domani la pensione della forza lavoro di oggi?" Una
domanda correlata è: "a parte il finanziamento,
chi produrrà i beni e renderà i servizi richiesti
dai pensionati di domani?".
L'idea che i Paesi emergenti possano
giocare un ruolo importante per sostenere e per fornire beni e servizi
ai pensionati dei Paesi ricchi risale all'inizio degli anni '90.
I Paesi emergenti hanno popolazioni giovani, che saranno pienamente
produttive per molti decenni. In essi il capitale è scarso
e quindi un investimento lì è (se ben gestito)
più remunerativo di un analogo investimento
nelle economie sviluppate dove è il lavoro la risorsa critica.
Queste considerazioni hanno generato a partire dall'inizio degli
anni '90 un grosso flusso di investimenti dai Paesi ricchi ai Paesi
emergenti, flusso che ha raggiunto un picco nel 1996.
Le crisi finanziarie
del 1997 (Estremo Oriente), 1999 (Russia), e 2001 (Argentina) hanno
frenato ma non invertito questo fenomeno, e l'hanno semmai fatto
maturare: i flussi annui si sono ridotti ma
sono ora meno speculativi e più orientati sul lungo termine,
convogliati in canali (come l'investimento diretto) che richiedono
più impegno manageriale ma producono risultati durevoli.
Il potenziale di crescita di lungo termine delle economie emergenti
è intatto, e le crisi degli ultimi anni hanno spesso stimolato
riforme e crescita politica,
e quindi migliori prospettive di lungo periodo.
Nei Paesi sviluppati la demografia sta compromettendo il "patto
tra le generazioni" che sta alla base del sistema pensionistico
odierno.
Un "patto sociale tra Paesi" in cui una parte
trasferisce capitale e conoscenza e riceve in cambio sicurezza, e l'altra parte
acquisisce benessere duraturo e paga per esso con il proprio lavoro,
è quanto meno una strada da esplorare per contribuire a risolvere
il problema delle pensioni.
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