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RIDUCE LA POVERTA' NEI PAESI EMERGENTI |
Una critica mossa alle aziende che acquistano nei Paesi
emergenti è che esse sfruttano la manodopera pagandola
meno, anche di molto, degli equivalenti lavoratori nazionali.
I lavoratori dei Paesi emergenti che operano per l'export certamente
non condividono questa valutazione. Al contrario questo tipo
di impiego è ambito, è pagato meglio (nel caso delle
multinazionali mediamente quasi il doppio) ed offre un ambiente
migliore dell'impiego alternativo per il mercato nazionale.
Compiti che nei Paesi ricchi sono considerati di basso rango (p.es.
quelli richiesti per l'outsourcing internazionale) conferiscono
uno status sociale elevato e sono presi molto sul serio.
Nei Paesi emergenti
i problemi gravi quali il lavoro minorile certamente esistono
-ma è la crescita economica la soluzione di lungo periodo,
che ne elimina le cause -come è stato per l'Italia
solo qualche generazione fa.
Un'altra critica mossa alla globalizzazione è che ogni persona dei Paesi emergenti dedicata all'export
è "una risorsa in meno" disponibile per lo sviluppo del proprio
Paese.
Questa critica, che è relativa
ai meriti dell'economia "chiusa" rispetto all'economia
"aperta", non regge la prova dei fatti.
Negli anni '50 un folto gruppo di Paesi emergenti era pressapoco nelle
stesse condizioni macroeconomiche e sociali. Alcuni di essi (p.es. la Corea)
scelsero come strada per lo sviluppo l'economia aperta (apertura del
mercato nazionale, investimenti esteri, scambi commerciali, eccetera) ed altri
(p.es. l'India) scelsero l'economia chiusa (tariffe alle importazioni,
incentivazione delle industrie nazionali, eccetera).
Nello spazio di una generazione
il primo gruppo di Paesi è progredito enormemente, ed il
secondo molto meno.
Questa lezione è ampiamente accettata oggi.
L'economia chiusa, che orienta le risorse produttive verso i "bisogni
nazionali" e che difende l'industria nazionale con alte tariffe,
crea distorsioni enormi nella produzione, alimenta l'inefficienza
dei produttori non soggetti a concorrenza, richiede una vasta burocrazia
per il controllo di prezzi e quote lasciando maggiore spazio alla
corruzione, e priva i propri cittadini di beni a basso costo di
importazione.
Gran parte dei Paesi che negli anni '50 e '60 scelsero
l'economia chiusa si stanno oggi aprendo.
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