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VA A BENEFICIO DEI CONSUMATORI |
La globalizzazione è spinta da una molla ben precisa: la ricerca del profitto.
Per le aziende dei Paesi sviluppati il profitto deriva dal
minor costo della manodopera dei Paesi emergenti;
per quelle dei Paesi emergenti il profitto deriva dai migliori
prezzi che possono essere spuntati rispetto al mercato locale.
Ripetuti studi hanno però dimostrato che i maggiori profitti
sono limitati alle sole aziende che per prime seguono questa strada,
e sono solo temporanei.
La ragione è la concorrenza.
Nei Paesi ricchi le prime aziende che abbracciano la globalizzazione vedono
effettivamente i minori costi di manodopera tradursi in maggiori profitti.
Man mano che la pratica si diffonde, però, alcune aziende iniziano
ad utilizzare il vantaggio della globalizzazione per
acquisire nuovi clienti, abbassando i prezzi. Anche i primi, a quel punto,
devono seguire. La guerra sui prezzi riporta i
profitti delle aziende ai livelli originari e passa i benefici della globalizzazione
ai consumatori. Questo succede tanto più velocemente quanto più
la concorrenza è consentita.
Un meccanismo speculare è in funzione nei Paesi emergenti dove crescono
le retribuzioni.
Vi è una controprova inconfutabile che il meccanismo della
concorrenza funziona a beneficio dei consumatori, ed è il
prezzo di quei prodotti (settori alimentare e tessile primi tra
tutti) dove il commercio internazionale non è consentito
o è fortemente limitato.
In questi settori i produttori, protetti da "quote" e
"tariffe", continuano a mantenere i propri livelli di
profitto, mentre i consumatori pagano prezzi sensibilmente maggiori
di quelli del mercato internazionale.
"Grazie" della Politica Agricola Comune ogni cittadino
dell'Unione Europea, neonati compresi, spende ogni anno per alimentari
oltre 200 € in più di quanto spenderebbe a prezzi internazionali
(questo si aggiunge ai circa 105 € -sempre annui e sempre
e per ogni cittadino della UE; dati 2002- di fondi pubblici
distribuiti come "sussidi" ad agricoltori ed industrie agroalimentari).
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